giovedì 14 giugno 2012

LA DOMANDA DI NICHOLAS CARR: IS GOOGLE MAKING US STUPID?

14/06/2012

Nel 2008 è apparso tra le pagine de “The Atlantic” un articolo di Nicholas Carr intitolato: “Is Google make us stupid? What the Internet is doing to our brains” nel quale l’autore afferma che Internet sta modificando negativamente il nostro modo di pensare e di porci dinanzi alle cose. Prendendo in prestito le parole di HAL(computer di bordo della nave spaziale nel film "2001:Space Odissey" di Stanley Kubrick) Carr esprime una sua ricorrente sensazione: “ My mind is going. I can feel it. I can feel it”. 

(The Atlantic-  Giugno/Agosto 2008)
“La mia mente mi sta abbandonando, riesco a percepirlo”, è proprio quanto tenta di esprimere lo scrittore nel suo articolo: ha notato con il passare del tempo e il cambiare delle abitudini, uno sforzo crescente nel focalizzare l’attenzione su un unico testo per un tempo prolungato e ha attribuito la causa di questa sua “incapacità” alla costante e ossessiva presenza di Internet nella sua vita. È ben chiaro che per uno scrittore come lui, una risorsa come il web sia qualcosa di molto prezioso, che permette di ottimizzare il tempo, essere più informato e costantemente a contatto con le persone, ma è proprio questa continua e incessante presenza del web la causa del cambiamento delle sue abitudini sia quotidiane che mentali.

(Nicholas Carr)
Il titolo dell’articolo è un titolo forte e accattivante, che pone un serio interrogativo e punta il dito contro il motore di ricerce più utilizzato al mondo. Ha il suono di una sfida, quasi di un affronto: un riscatto dell’intelligenza umana che si sente soffocata e spenta dall’intelligenza digitale. L’incessante navigazione, i salti da un link ad un altro avrebbero generato nelle nostre menti, secondo Carr, una propensione all’apprendimento  rapido di fatti e notizie, sottraendoci ad ogni riflessione e collegamento interdisciplinare. Lo scrittore afferma: “My mind now expects to take in information the way the Net distributes it: in a swiftly moving stream of particles. Once I was a scuba diver in the sea of words. Now I zip along the surface like a guy on a Jet Ski” (La mia mente ora si aspetta di apprendere informazioni nel modo in cui la Rete le distribuisce: in un flusso rapido e mobile di particelle. Una volta ero un subacqueo in un mare di parole. Adesso sfreccio sulla superficie come un ragazzo su un Jet Ski).

La lettura sul web è evidentemente diversa da quella su carta. Internet è una fonte inesauribile di notizie diverse e la grande quantità genera curiosità e voglia di scoprire. Il fatto che ogni giorno grazie ad Internet alleniamo il nostro cervello ad un certo tipo di attività fa si che quest’ultimo si prepari a ricevere le notizie nella modalità in cui le apprende in rete anche quando non siamo collegati. 

Per dimostrare la sua teoria lo scrittore si rifà a studi e sodaggi scientifici e cita la psicologa della Tufts University,  Maryanne Wolf,  la quale afferma: “We are not only what we read. We are how we read”, turbata anche lei dalla crescente perdita di concentrazione nella “deep reading”. A preoccupare non è il  cambiamento di un modo di apprendere le cose, ma è ciò che ne consegue. La lettura approfondita, infatti, porta con sé introspezione, ragionamento, elaborazione interiore e il collegamento di dati diversi, ma quando siamo sul web, secondo la Wolf, siamo solo “meri decodificatori di informazioni”, acquisiamo e basta, senza soffermarci troppo sul contenuto.
(Maryanne Wolf)
L’articolo prosegue con una sorta di aneddoto su Nietzsche e il suo controverso rapporto con la macchina da scrivere, a conferma che già tecnologie precedenti hanno influenzato la struttura cognitiva dell’uomo e che quello del computer non è un caso isolato, ma forse semplicemente più diffuso ed eclatante.

Con il cambiamento delle abitudini e delle aspettative mentali di ciascuno, anche il prodotto che l’utente va a consumare si è dovuto adattare a specifici standard e sottostare a dei rinnovamenti. Per non soccombere alla capillarità di Internet i vecchi mezzi di comunicazione hanno dovuto reinventare i loro prodotti e adattarsi ai nuovi gusti dell’utente. Internet quindi da semplice prodotto, diventa motore e promotore di cambiamenti e influenze, tanto da portare Carr ad esclamare: “it’s reprogramming us!”.  Naturalmente, se teniamo conto del fatto che sotto la facciata dei motori di ricerca si cela comunque un modello di business che si nutre delle nostre informazioni, risulta semplice concludere che le compagnie economiche alla base del web non si porranno mai come obiettivo ultimo quello di promuovere un modello di lettura lenta e pacata. “It’s in their economic interest to drive us to distraction” ed è loro interesse fornirci più opportunità possibili e studiare i dati ricavati dalle nostre scelte.

(Socrate)
Dopo Nietzsche, Carr cita un altro grande filosofo della storia, ma stavolta ne sceglie uno meno contemporaneo, sebbene sorprendentemente attuale: Socrate. Di Socrate l’autore riprende qualche passo contenuto nel Phedrus di Platone, nel quale il filosofo greco si pronuncia contro lo sviluppo della scrittura. Quest’ultima, infatti, è vista in maniera negativa, come escamotage per non sottoporre la mente allo sforzo del ricordo (e quindi del pensiero) e dipinge l’uomo che fa uso della scrittura come qualcuno che pensa di essere “più intelligente, quando in realtà è solo per gran parte ignorante”. Socrate, afferma Carr,  aveva ragione ad avere paura degli effetti collaterali di una nuova tecnologia, ma è anche vero che non poteva immaginare l’enorme potere della scrittura e il beneficio che questa avrebbe portato con la diffusione della conoscenza.

“Maybe I’m a worryman” ammette Carr, in quanto si rende conto che forse, come altri, anche lui sta condannando troppo presto qualcosa che  si rivelerà un beneficio per l’uomo (“Perhaps(…)from our hyperactive, data-stoked minds will spring a golden age of intellectual discovery and universal wisdom”) ma lo scrittore rimane convinto del fatto che il ragionamento e l’introspezione siano processi insostituibili per un costante sviluppo delle potenzialità mentali. A fine articolo lasciamo Carr come l’abbiamo trovato: alle prese con le parole di HAL e la sua sensazione crescente che “l’intelligenza umana si stia tramutando (assottigliandosi) in quella artificiale”. 


Maria Serena Ciaburri

martedì 12 giugno 2012

Risulati sondaggio: "Come vivi lo sviluppo delle informazioni sul Web?"

12 Giugno 2012


Circa un mese fa avevamo avviato un sondaggio, che vi chiedeva di esprimervi in merito al vostro pensiero sullo sviluppo delle informazioni sul Web.

Questi sono i risultati:

Gli utenti che hanno risposto sono 18 (molto pochi, ma non siamo un blog popolare lo sappiamo), e a tutti è stata data la possibilità di scegliere più di una opzione.

Passando ai risultati, c'è senza ombra di dubbio una netta maggioranza di internauti (61%) che sono preoccupati per la loro privacy. Ciò sta a dimostrare che in parallelo alla crescita di Internet, aumenta anche la mole di dati personali che esso riceve da noi (più o meno consapevolmente).

C'è poi un 33% (sul totale di risposte date) che vede il Web come un luogo in cui non ci siano solo le informazioni che a noi interessano, ma anche molte in più che potrebbero essere viste come inutili dal singolo oppure dall'intera rete di utenti.

Altra nota dolente: solo in 3 si sentono sicuri navigando sul Web! Questo sta sicuramente a significare che c'è chi crea dell'allarmismo per quanto riguarda la navigazione, oppure una diffusa ignoranza sui metodi per evitare vari problemi di sicurezza (a tal proposito vi rimanderei alla voce di Wikipedia sulla sicurezza informatica).

Ma fate attenzione perchè non siete solo voi utenti ad aver paura della potenza di diffusione della Rete, ma ci sono anche coloro che hanno il potere e che si vedono minacciati da contenuti diffusi online senza il loro permesso (un vero schiaffo alla democrazia).

In un articolo recente su www.primadanoi.it [http://bit.ly/LhemEa] si fa riferimento alla "potenza" del colosso di Mountain View: il noto motore di ricerca Google. Si evidenzia infatti la facilità con cui chiunque abbia una certa notorietà possa richiedere a Google di rimuovere un contenuto lesivo della propria persona. Il più delle volte però assume i connotati di una vera e propria censura, unica arma di distruzione di massa all'interno del Web 2.0.


Mattia Corrente



domenica 27 maggio 2012

La scuola italiana continua a "rifiutare" il digitale

27 Maggio 2012


Licenza CC - Dettagli dell'immagine
Il nostro Paese sembra non voler accettare l'innovazione almeno in quei settori dove il "tradizionale" continua ancora a rimanere ben saldo. Si parla di scuola stavolta, ed una recente ricerca Ipsos rivela che a trainare questa mini rivoluzione siano soprattutto i più piccoli. I dati dicono infatti che circa il 79% degli studenti usa il web per i compiti a casa, seguito da un 60% che si connette per tenersi in contatto con gli altri. Qui (repubblica.it) potete trovare tutti i dati della ricerca (se non doveste vedere le tabelle, questa è la versione in pdf).


Di contro però, le cause dell'arretratezza tecnologica della scuola italiana vengono imputate da Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale al fatto che:


«Gli altri paesi europei stanno investendo sulla tecnologia digitale a scuola da 15 anni. L’Italia non solo è indietro nelle dotazioni - e dove le ha sono obsolete - ma è indietro nella testa». (Metronews.it)


Oltre all'analfabetizzazione digitale dei docenti, va tenuto conto soprattutto la tradizionalità caratteristica del settore scolastico. L'e-book per esempio stenta a decollare come sostituto dei classici libri di carta, che permettono una più facile e meno stancante lettura sicuramente, ma viceversa hanno prezzi elevati e sono privi di un'interattività che sarebbe molto utile nell'apprendimento dei più giovani.

Ma l'apprendimento del digitale non basta, secondo Molina, a risolvere i problemi della scuola italiana.

«Senza lo sviluppo completo della persona non si acquisiscono le competenze per la vita». A. Molina



Mattia Corrente





venerdì 25 maggio 2012

PRESS PLAY: L'ARTE E I MEZZI D'INFORMAZIONE

25 maggio 2012

InformARTEvi !

I mass media e i mezzi di comunicazione , oggi giorno, stanno influenzando direttamente o indirettamente la vita quotidiana di ognuno di noi.
A questa ondata di informazioni le persone reagiscono in maniera differente, da chi ignora tutto e si chiude nel suo piccolo mondo a chi prende ogni parola come "oro colato" , da chi cerca di farsi pubblicità in ogni maniera a chi preferisce sapere le ultime notizie in fatto di gossip dal parrucchiere. 
Ma ci si è mai chiesti cosa ne pensano gli artisti di questo fenomeno ? 
La fondazione Sandretto Re Baudengo ha provato a rispondere a questa domanda presentando la mostra " Press Play. L'arte e i mezzi dell'informazione " una mostra che vuole spiegare il punto di vista degli artisti su questa società dove le persone sono bombardate da informazioni, immagini, video ventiquattro ore su ventiquattro.
Gli artisti non danno un giudizio sulla società odierna, ma ci vogliono insegnare come interrogare le realtà di oggi , dare dei criteri per giudicare i fatti di cronaca e selezionare e saper riconoscere le vere notizie . 
Le opere dei sedici artisti della mostra sono arroganti, provocatorie e di forte impatto, proprio perchè vogliono mettere come soggetto del loro lavoro non l'opera in se, ma lo spettatore che deve indagare sulla veridicità delle informazioni. Quindi i protagosti della mostra siamo noi, pubblico ,poichè gli artisti ci danno soltanto uno spunto da cui deve partire una riflessione più profonda e personale. 

Matteo Colombino





Press Play: l'informazione in mostra

L’informazione e l’arte sono due branche della cultura che inducono al ragionamento e allargano l’orizzonte del pensiero. La prima è quotidianamente presente nelle nostre vite: ci aggiorna sull’andamento del mondo, ci porta involontariamente a porci delle domande su quello che capita intorno a noi ed è caratterizzata dall’immediatezza, dalla riproduzione dell’accaduto in tempo reale; la seconda, invece, ha più un carattere “elitario”, ha un’anima più profonda collegata alla complessità della visione umana e, avendo un tempo di metabolizzazione più lento, induce a riflessioni meno ordinarie.

(Giardino Fergat, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo-Torino)

Quando l’arte fa dell’informazione il suo oggetto di rappresentazione nasce una domanda: che relazione c’è tra noi e i mass media? Quando la stessa domanda viene posta da più artisti, o quando più persone cercano di tradurre in arte la propria risposta, ecco che ne nasce una mostra: Press Play”. Le sale della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino hanno infatti ospitato fino al 6 Maggio i vari modi in cui 16 artisti da tutto il mondo  hanno cercato di interpretare la relazione tra la società e i mass media. Tra i nomi autorevoli della mostra si riconoscono il torinese Alessandro Quaranta, lo sfrontato Jon Kessler  ed il celebre Steve Mc Queen.

Le visioni artistiche che vengono fuori dalla mostra sono le più varie, anche perché le modalità di interpretazione sono differenti: una serie di artisti ha, ad esempio,  focalizzato l’attenzione sulla nascita di una notizia, il suo sviluppo nell’apparato mediatico e il suo impatto sulla società; l’altra fetta, invece, ha preferito servirsi degli stumenti di divulgazione delle informazioni, per stravolgerne i canoni e renderli arte.

Tra le opere in mostra sicuramente una delle più interessanti e dirette è l’istallazione di Thomas Hirschhorn. Consapevole che la libertà di un artista è notevolmente maggiore rispetto a quella di un giornalista, l’artista svizzero ha utilizzato delle foto censurate per realizzare una sorta di vetrina in cui una serie di manichini mutilati mettono lo spettatore davanti a se stesso e al suo rapporto con la realtà. Ingrowth, questo il titolo dell’opera, pone lo spettatore davanti alla sua capacità di osservare il reale senza censura e senza filtri.


(Ingrowth, Thomas Hirschhorn)

Un’altra opera che mette alla prova la capacità di osservare gli eventi e, in particolare, il modo in cui questi vengono resi giornalisticamente è “9/12 Frontpage” di Hans-Peter Feldmann. L’artista affianca su un’unica parete 150 testate dei più importanti quotindiani di tutto il mondo datate 12 settembre 2001, il giorno dopo l’attentato alle torri gemelle. Pur essendo frutto di culture diverse ed essendo scritte in lingue differenti, le pagine  si somigliano per la tragicità di immagini e per i toni apocalittici. L’opera celebra fulmineamente il dominio dell’immagine e l’immediatezza della parola scritta.

(9/12 Frontpage, Hans-Peter Feldmann)

Tra le opere in mostra vi è anche una rappresentazione della realtà italiana vista dall’occhio critico del siciliano Alessandro Gagliardo che va sotto il nome di “Palinsesto, nota complessa”. L’opera in questione è una raccolta di immagini, un percorso molto personale sul cambiamento dei contenuti della televisione italiana e dei suoi fruitori. L’autore rende pubblica la sua opinione, non si pone da semplice osservatore esterno, non si accontenta di mettere in tavola una questione e farla sviluppare al fruitore dell’opera. Con una sottolineatura piuttosto marcata rende il suo pensiero e delinea la sua opinione grazie alla scelta di immagini e materiale d’archivio posti lungo una parete: è quello il suo giudizio, la sua visione sulla vicenda maturata negli anni. L’osservatore deve solo prenderne atto, e semmai decidere se essere in accordo o in disaccordo.

Maria Serena Ciaburri

venerdì 18 maggio 2012

I nuovi sviluppi tecnologici sono al servizio della pace nel mondo

18 Maggio 2012

Lo sviluppo tecnologico di ogni era porta con sè tanti aspetti negativi, perchè aumenta le potenzialità dell'uomo che vuole prevalere sugli altri, ma allo stesso tempo può permettere un controllo maggiore sui diritti vitali della persona. Tutto questo dipende ovviamente dalla coscienza di chi possiede queste conoscenze.

Daniel Stauffacher -
Tutti i diritti della foto:
congressstartranslations.com 
In buona fede è sicuramente l'operato di Daniel Stauffacher, Presidente della ICT for Peace Foundation ed ex Ambasciatore della Svizzera presso le Nazioni Unite, che terrà un importante discorso a Ginevra, in occasione del  World Summit on the Information Society (WSIS). A questo indirizzo potete trovare un'intervista nella quale descrive gli obiettivi che la sua organizzazione si prefigge.

Per quanto riguarda il Summit, verranno descritte le Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione (TIC) a servizio della pace: ovvero degli strumenti atti a migliorare il controllo sulle popolazioni in difficoltà, sulle situazioni di crisi e sui monitoraggi di migliaia di dati riferiti a questioni importanti di Stato.

                                                           
Una rivoluzione digitale in senso positivo stavolta, che va a sovrascrivere pezzi di storia che hanno sempre manifestato il lato negativo dello sviluppo tecnologico. I nuovi media sono diventati i "Social Media", le guerre si combattono per il predominio tecnologico, lo sviluppo dello stesso ora implica anche un uso pacifico da parte di chi si prende carico di questa "responsabilità".


Mattia Corrente
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giovedì 17 maggio 2012

Il cyberbulletto

16 maggio 2012
Credo che tutti nell'arco dei propri studi abbia avuto a che fare in classe con un bullo, una persona altamente fastidiosa che ti fregava la merenda ai tempi dell'elementari o che usava un linguaggio altamente volgare alle superiori, ma il problema si risolveva facilmente perchè una volta finita la lezione si poteva tornare a casa sani e salvi o almeno per me era così fino a quando furono inventati i social network e allora il termine bullo si è evoluto in cyberbullo .
Ma cosa vuole significare questa strana parola ?
 Il cyberbullismo è il termine che  indica atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l'e-mail, la messaggistica istantanea, i blog, i telefoni cellulari, i cercapersone, i siti web e i social network  ( definizione wikipedia ).
In internet non si può fare e dire tutto quello che si vuole, si sono fatte delle leggi non per limitare la nostra libertà, ma per garantire i nostri diritti, ad esempio  in Canada è un crimine pubblicare e diffondere messaggi pensati per insultare o ferire una persona . 
Il cyberbullismo è un fenomeno che sta per superare il bullismo reale per una svariata serie di ragioni, ma le più importanti sono l'anonimato e l'assenza di limiti .
Il fatto di non essere identificati e difficilmente rintracciabili sembra essere la causa più diffusa di questo fenomeno, peccato che ogni messaggio lasci delle tracce, quindi risalire all'origine non è un'impresa difficile .
L'assenza di limiti ha un molteplice significato : dall'assenza di un luogo reale dove avviene l'aggressione al fatto che su internet si può dire tutto in tranquillità, ma questa tranquillità è solo illusoria perchè ci possono essere ritorsioni anche abbastanza gravi, le leggi applicate al mondo reale sono le stesse nel mondo virtuale come ci fa capire questo filmato :


 Avere una stima precisa di chi ha subito il cyberbullismo è un impresa ardua da definire  a causa di differenze culturali e sociali che ci sono nei vari paesi, ma in Italia si parla di 14% nelle scuole medie e di 16% nelle scuole superiori ( studio fatto su 1047 studenti ) .
La pericolosità di questi gesti non sta solo nell'aggressione in se, ma anche su fatto che le calunnie, essendo in rete, possono essere viste da chiunque che fa soltanto che peggiorare la situazione perchè attacca la vittima nella sua comunità virtuale .
Il cyberbullismo va a infrangere ben quattro articoli del codice penale ( art.600-610-612-612bis ) e a violare la legge 547/93 per reati contro la privacy, quindi fate attenzioni cyberbulli che il vostro comportamento può avere grosse ritorsioni !


                                                                                                                                      Matteo Colombino




notizie prese da : 

lunedì 14 maggio 2012

The flipside of globalization: come Internet può salvare le lingue a richio di estinzione


14/05/2012
Dalla nascita di Internet centinaia di nuove parole  sono entrate a far parte del nostro dizionario. La connessione globale ci permette giornalmente di entrare in contatto con tante lingue diverse e tutto ciò influenza naturalmente il nostro idioma. Attualmente le lingue parlate nel mondo sono circa 6000 e di queste la metà rischia di scomparire entro la fine del secolo secondo le ultime  stime Unesco.
Distribuzione delle lingue più diffuse al mondo

Sebbene Internet abbia in qualche modo affermato l’inglese come lingua globale, ci sono esempi sul web che dimostrano come le nuove tecnologie possano in qualche modo recuperare i resti delle lingue in via di estinzione. Uno degli esempi è il sito Live And Tell creato da Biagio Arobba, una piattaforma sulla quale è possibile condividere testi, foto e audio che testimoniano la presenza di alcuni idiomi e l’unicità di alcuni suoni. Il sito funziona come un social network e grazie all’attività e alla creatività degli utenti può dimostrarsi uno strumento valido per la divulgazione di alcune tradizioni sconosciute. È possibile postare su qualsiasi lingua esistente, anche se il creatore del sito ha basato la sua idea originale sulla conservazione delle  lingue native americane. Queste, infatti, sono state messe in ombra negli anni della colonizzazione e dalla successiva globalizzazione e adesso rischiano di scomparire con la morte dei loro ultimi interpreti.

Una delle rimanenti conoscitrici della lingua Navajo, Rachel Nez, afferma: “A lot of history, culture and ceremony is held within the language.(…) Language is the distillation of hundreds, if not thousands of years of experience of a collective. It's considered sacred knowledge. So when the language disappears you're really throwing away that whole library of knowledge.”("Molta storia, cultura e riti sono correlati al linguaggio. La lingua è la distillazione di centinaia, se non migliaia di anni di esperienza di una collettività. È considerata una conoscenza sacra. Per questo motivo, quando una lingua scompare si sta davvero buttando via un’intera raccolta di conoscenza").

Rachel Nez

Sempre nell’intento di preservare la fonetica e i costrutti linguistici di alcuni idiomi, sono stati creati dei “talking dictionaries”, dizionari online contenenti 32 000 parole e 24 000 registrazioni di pronunce corrette provenienti da persone che ancora parlano le lingue in via di estinzione. Questo è quello che il professore di Linguistica dello Swartmore College (Pennsylvania) David Harrison chiama “the flipside of globalization” (ovvero "l'altra faccia della globalizzazione"), affermando che: “We hear a lot about how globalisation exerts negative pressures on small cultures to assimilate. But a positive effect of globalisation is that you can have a language that is spoken by only five or 50 people in one remote location, and now through digital technology that language can achieve a global voice and a global audience” (“Sappiamo molto su come la globalizzazione eserciti pressioni negative sulle piccole culture in modo da assimilarle. Ma un effetto positivo della globalizzazione è che ci possono essere lingue parlate solo da una cinquantina di persone di una regione remota del mondo e  ora grazie alla tecnologia digitale queste lingue possono ricevere una voce globale e un pubblico globale”).

Davis Harrison (a destra) con i boliviani Illarion Ramos Condori (centro) e Antonio Condori (sinistra),
 due interpreti della lingua Kallawaya

Il cambiamento, l’evoluzione e persino il declino di una lingua a volte sono inevitabili, ma grazie alle nuove tecnologie ciò che non sopravvive nel mondo reale può finalmente avere un posto almeno nel mondo virtuale. Sebbene la globalizzazione abbia portato dei forti cambiamenti, specialmente nelle culture minori, livellando le differenze e appiattendo le peculiarità di alcuni popoli, in alcuni casi si sta dimostrando un mezzo efficace per la diffusione e il mantenimento proprio di quelle caratteristiche che è stata accusata di aver distrutto.



Maria Serena Ciaburri

sabato 12 maggio 2012

paesi diversi , stessi problemi

12 maggio 2012


In un recente post si è parlato dei Threatened Voices, un progetto che si occupa di dare voce ai casi di repressione della libertà di espressione , ho esaminato alcuni casi e vi propongo queste tre storie  :

Il primo è Antònio Aly Silva , il più importante blogger dell'Africa occidentale, un punto di riferimento per milioni di persone ; infatti quando il 12 aprile ci fu un colpo di stato in Guinea Bissau la popolazione e il mondo di internet sapevano bene dove andare a cercare notizie : il suo blog , Ditadura fare consensus. Il blog è stato di vitale importanza per capire la situazione di corruzione e oppressione in questo paese e a causa della sua ininterrotta produzione online di denuncia , è stato arrestato per 10 ore, dopo il colpo di stato del 12 aprile, dove ha subito forti pressioni psicologiche e continui pestaggi. 
Scrivere sul blog diventa un impresa difficile giorno dopo giorno e noi gli diamo il nostro pieno appoggio ! 


e non solo in Cina ...
fonte img 

Il secondo personaggio, Ali  Mahmoud Othman ("Jeddo"), è purtroppo stato catturato dalle truppe del presidente siriano Bashar Al Assad e molto probabilmente sta sopportando feroci atrocità. Il citizen journalist, secondo un video trasmesso dalla CNN (video), ha aiutato molti giornalisti e fotografi stranieri a evacuare da zone altamente pericolose. Sempre dal video arriva un appello anonimo che afferma "Abbiamo motivo di credere che Ali sia sottoposto a tremende torture", notizia incredibile perché va a colpire la libertà di promuovere notizie reali, tutto il mondo si sta muovendo per salvare il giornalista, intanto si aspetta una risposta dal governo siriano .

fonte img


Il terzo , inece, si trova in Russia , Aleksey Dymovskiy ha deciso il 3 novembre del 2009 di creare un dominio .ru (non più attivo adesso) e caricare direttamente sul suo sito web due video (canale youtube) che denunciano la corruzione delle forze dell'ordine nella città di Novorossiysk, in seguito i due video finiscono su youtube con i sottotitoli in inglese . A causa della sua denuncia online Dymovskiy viene licenziato per diffamazione, poi indagato e sottoposto agli arresti domiciliari. Viene liberato dalla carcerazione preventiva il 7 marzo 2010 dopo circa un mese di reclusione, comunque si trova ancora sotto fase di processo con l'accusa di frode .




                                                                                                                                      Matteo Colombino

fonti 
prima parte :

seconda parte :

terza parte :

giovedì 10 maggio 2012

Studiare online gratis: si può, ma solo grazie alle grandi Università americane!

10 Maggio 2012


Di rivoluzioni la diffusione di Internet ne ha create parecchie. Ma nessuno si sarebbe aspettato un "ritorno al passato" nella modernità.

In un articolo recente di Repubblica, si annuncia una rivoluzione che ha dei precedenti: ovvero le lezioni presso i grandi istituti americani quali Harvard e Stanford diventano disponibili online gratuitamente. Come successe quando nacque Internet quindi, questo viene usato per diffondere la cultura universitaria. Ma mentre agli albori del Web, le lezione erano ristrette agli studenti delle stesse università, il progetto "Coursera" che nasce dalle due rivali di sempre si apre a tutti!

Harvard (cc license - Link alla foto originale )
Basta infatti una semplice registrazione gratuita per iscriversi alle lezioni online di questi grandi atenei (tra cui vi è anche Berkeley e Milt), scegliere la materia desiderata ed attendere il periodo in cui si svolgerà il corso.

In un periodo di profonda crisi per l'istruzione (almeno in Italia, considerata tra le ultime in fatto di qualità della cultura universitaria), si prospetta quindi una nuova visione della diffusione delle materie di formazione. Soprattutto, questo progetto va ad interessare chi non può permettersi di pagare una retta universitaria. Inoltre, permette di estendere la possibilità a tutti di formarsi presso le famigerate università americane, per un crescendo di "menti" pronte per il mondo del lavoro oramai globalizzato.


Mattia Corrente

mercoledì 9 maggio 2012

Voci minacciate

9 maggio 2012

Mai come oggi così tante persone sono state o vengono minacciate o incarcerate per ciò che hanno scritto online.
Insieme all’uso sempre più intenso di Internet da parte di attivisti o di semplici cittadini per esprimere le proprie opinioni o interagire con gli altri, anche i governi stanno aumentando i livelli della sorveglianza, del filtraggio, delle azioni legali e di disturbo. Molte volte le conseguenze peggiori sono state l’arresto politicamente motivato di blogger e scrittori online per le proprie attività in rete e/o offline, in alcuni tragici casi arrivando anche alla morte. Giornalisti online e blogger rappresentano il 45% di tutti gli operatori dei media oggi detenuti nelle carceri del mondo.
Ecco dunque che Global Voices Advocacy (vedi post : La voce del mondo) lancia un nuovo sito-progetto chiamato Threatened Voices con l’obiettivo di contribuire a seguire i casi di repressione della libertà d'espressione online. Il sito presenta una mappa mondiale e uno schema cronologico interattivo che aiutano a visualizzare gli episodi di minacce e arresti di blogger in tutto il mondo, e rappresenta una piattaforma centralizzata per la raccolta di informazioni diffuse da organizzazioni e attivisti maggiormente impegnati su questo tema, tra cui Committee to Protect BloggersThe Arabic Network for Human Rights InformationReporters without BordersHuman Rights WatchCyberLaw BlogAmnesty InternationalCommittee to Protect JournalistsGlobal Voices Advocacy [tutti siti in inglese]
sito della foto 
Quali sono e dove vivono i blogger minacciati e silenziati?
Per diverse ragioni è difficile trovare informazioni accurate su blogger o giornalisti online arrestati, filtrati o minacciati, .
Primo, la segretezza intorno alla censura e alla repressione su Internet rende particolarmente difficile essere accurati. Non passa settimana senza resoconti di arresti di sempre nuovi giornalisti o attivisti online in Paesi quali l’Egitto o l’Iran, ma i dettagli e le motivazioni degli arresti sono spesso avvolti nel mistero.
Secondo, esiste ancora una certa confusione sulla definizione di “blogger”. Giornalisti professionisti vanno migrando sempre più spesso nei media online e sui blog alla ricerca di maggiore libertà, rimescolando i tradizionali ambiti operativi. E molti cosiddetti cyber-dissidenti in Cina, Tunisia, Vietnam o Iran non hanno dei blog personali. Altre volte, i blogger vengono arrestati per attività svolte offline anziché per quanto hanno pubblicato in rete.
Alcune volte questa confusione ha messo in difficoltà i difensori della libertà d'espressione nel riuscire a definire strategie e alleanze positive per aiutare i blogger e gli attivisti online, ma è sempre più importante continuare a insistere.

Per maggiori informazioni si possono seguire gli account twitter :
Committee to Protect Bloggers : https://twitter.com/#!/CPB
Reporters without Borders : https://twitter.com/#!/RSF_EU_Balkans
Human Rights Watch : https://twitter.com/#!/hrw 
Amnesty International : https://twitter.com/#!/amnesty 
Global Voices Advocacy : https://twitter.com/#!/Advox

Matteo Colombino